RICERCA ITALIANA

PROBLEMI DI CUORE, AFFARI DI FAMIGLIA: UNA RICERCA ITALIANA PROPONE UN MODELLO DI PREVENZIONE ALL’INTERNO DEL NUCLEO FAMILIARE

In salute e in malattia. Ora la scienza ci dice che il voto nuziale è molto più che una promessa. Moglie e marito condividono davvero la stessa sorte, non solo quella fatta di scelte comuni ma anche quella che determina il loro stato di salute. A dirlo è uno studio del Laboratorio di Epidemiologia Genetica e Ambientale dei Laboratori di ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso in pubblicazione sul prestigioso American Journal of Epidemiology. I ricercatori molisani hanno preso in esame 70 ricerche scientifiche condotte negli ultimi anni in tutto il mondo e le hanno aggregate attraverso la metodologia statistica della meta-analisi, che permette di unire studi diversi ponendoli in un’unica visione complessiva, come se si trattasse di una ricerca unica. In questo modo è stato possibile esaminare i dati su oltre centomila coppie. I risultati hanno permesso di osservare come i maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari siano effettivamente correlati tra i due componenti di una coppia. In altri termini, se uno dei due ha, ad esempio, il colesterolo alto, anche il partner tenderà ad avere una condizione analoga. La spiegazione sta proprio nella natura delle patologie cardiovascolari che molto devono alla qualità dei nostri stili di vita. “Il fatto è che le malattie cardiovascolari non hanno una causa unica, ma sono dovute a molti fattori diversi, ognuno dei quali contribuisce in una certa misura a disegnare il rischio di ammalarci – dice Gianni Quacquaruccio, principale autore dello studio insieme ad Augusto di Castelnuovo – . Alcuni sono genetici, scritti nel DNA e quindi impossibili da modificare. Altri invece dipendono esclusivamente da noi, come l’abitudine al fumo, l’alimentazione, l’attività fisica, per citarne alcuni”. Le coppie rappresentano quindi un modello perfetto per indagare nel binomio genetica-ambiente. Pur non avendo un legame di tipo genetico, due persone sposate finiscono invece per condividere gli stessi stili di vita. E proprio questi stili di vita comuni sembrano essere determinanti. “Abbiamo chiarito – continua Quacquaruccio, 29enne ricercatore di Petrella Tifernina – che esiste una correlazione tra i due membri di una coppia per i più importanti fattori di rischio, come l’indice di massa corporea, un dato logico se consideriamo che condividono la stessa cucina. Oppure il fumo, un’abitudine che spesso i due sposi condividono. Ma anche la pressione sanguigna, il colesterolo, i trigliceridi, sono tutti elementi che abbiamo trovato correlati”.

 

 

 

 

 

 

 

 

A questo punto viene da chiedersi se le correlazioni osservate sono realmente dovute alla vita in comune oppure se semplicemente le persone tendono a scegliere partner con le loro stesse abitudini.

“La nostra ricerca ha permesso di dimostrare che effettivamente esiste una certa influenza delle proprie abitudini nella scelta iniziale del partner – spiega Di Castelnuovo –Possiamo ipotizzare che un non fumatore non sopporti una fumatrice, oppure che una ragazza un po’in sovrappeso vedrà con occhi più benevoli un ragazzo non proprio in forma. Però queste influenze iniziali non spiegano tutto ciò che abbiamo osservato. In altre parole, le abitudini che si acquisiscono con la vita in comune esercitano un effetto misurabile e reale, al di là delle somiglianze iniziali”.

 

Ma c’è di più. La ricerca svela la necessità di cambiare rotta in materia di prevenzione e di spostare la lente su chi vive insieme anziché concentrarsi sul singolo. Migliorare l’alimentazione, usare meno sale, aumentare l’attività fisica, smettere di fumare, sono tutte decisioni che vengono meglio se prese in due. “Studi condotti in precedenza – dice Giovanni de Gaetano, Direttore dei laboratori di ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso – hanno dimostrato che se si interviene su una persona riuscendo a farle cambiare stile di vita, anche il suo partner ne trarrà benefici. Le correlazioni da noi osservate rafforzano l’idea secondo la quale dietro ad un singolo paziente con pressione alta o colesterolo elevato, c’è un intero nucleo familiare, dove qualcun altro potrà sviluppare lo stesso problema. Se il medico saprà trattare e consigliare tutti i componenti della famiglia, i vantaggi verranno allora moltiplicati. E non solo per i pazienti, ma anche per il già troppo stressato Sistema sanitario nazionale.”

 

 

RICERCA ITALIANAultima modifica: 2008-11-28T16:23:13+01:00da ereticus3
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