Foreste di corallo del Mediterraneo e pesca artigianale sostenibile

CoralloDipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita – Università degli Studi di Genova

Ciò che più colpisce della superficie terrestre vista da grande distanza, ad esempio

durante un viaggio aereo, è la diffusione del colore verde dovuta alla straordinaria

abbondanza dei vegetali che, escludendo le aree desertiche e quelle di alta montagna,

ricoprono ogni tipo di ambiente. Gli alberi, sia aggregati in boschi o isolati nelle grandi

savane, sono i più tipici elementi del paesaggio terrestre nel quale si è svolta l’evoluzione

umana tanto da assumere nella nostra cultura un valore altamente simbolico.

Se l’albero è l’elemento più caratteristico dell’ambiente sub-aereo perché non dovrebbe

esserlo anche delle inaccessibili profondità marine? Per molto tempo si è fantasticato di

foreste sul fondo degli abissi e la scoperta degli animali simili a piante, gli zoofiti

settecenteschi, non ha fatto altro che aumentare questa immaginifica aspettativa.

Oggi sappiamo che queste foreste esistono davvero ma sono costituite non da piante ma

da animali –gorgonie, coralli neri e idrozoi- e la struttura del paesaggio è eminentemente

animale: se la botanica è la regina delle terre emerse, la zoologia lo è dell’ambiente

marino.

L’influenza di questi organismi arborescenti sugli ecosistemi del fondo è enorme. La loro

struttura conferisce tridimensionalità al substrato, aumenta le possibilità di nuove nicchie

ecologiche, rappresenta un polo di attrazione per una ricchissima fauna associata di

piccoli invertebrati ed, inoltre, favorisce lo sviluppo di abbondante pesce pregiato. Proprio

la ricchezza della vita che ospitano costituisce un grave rischio per le foreste sottomarine,

soprattutto per quelle che sono situate ad una certa distanza dalla costa e si sviluppano su

secche isolate al di sotto dei 70-100 m di profondità.

La pesca artigianale, infatti, tramite reti da posta o palangari si concentra intorno alle

secche rocciose popolate da coralli ed altri organismi strutturanti per catturare prede di

elevato pregio economico come aragoste, san pietro, rane pescatrici, dentici e, a maggiore

profondità, pagelli occhialoni ecc. In questi ambienti, sotto l’azione delle correnti di fondo,

gli attrezzi si afferrano nei rami delle gorgonie o nelle rocce circostanti, rompono le

ramificazioni e, frequentemente, vengono perduti trasformandosi in reti fantasma che, per

lungo tempo, continuano a pescare prede che nessuno raccoglierà. Appesantiti dal fouling

che vi si insedia gli attrezzi si appoggiano lentamente sul fondo ricoprendo e soffocando le

comunità a coralli. In questo modo, lungo le coste tirreniche con picchi impressionanti nel

Golfo di Napoli e lungo la Riviera Ligure, le secche italiane profonde si stanno

progressivamente impoverendo con drammatiche conseguenze di fatto anche sulla

produzione della pesca artigianale.

Allo scopo di valutare il fenomeno in termini quantitativi e di promuovere pratiche

responsabili per la pesca artigianale in grado di garantire la conservazione degli

ecosistemi bentonici del bacino del Mediterraneo è in corso un progetto di ricerca

transfrontaliero biennale finanziato dall’Unione Europea e coordinato dalla Fondazione

Biodiversità del Ministero spagnolo dell’ Agricoltura, Alimentazione e Ambiente (Fundación

Biodiversidad) dal nome “Conservazione di ecosistemi e pesca artigianale sostenibile nel

2

bacino del Mediterraneo (ENPI-ECOSAFIMED)” che prevede la collaborazione tra l’Istituto

di Scienze del Mare del CSIC di Barcellona, l’Istituto Nazionale di Scienze Marine e

Tecnologia di Tunisi e l’Università di Genova.

L’idea è quella di confrontare le rese di pesca ed il danno agli ecosistemi del fondale

utilizzando diversi tipi di attrezzi in zone, tra 50 e 200 m di profondità, nelle quali non viene

effettuata la pesca a strascico, ma sulle quali verte solo la pesca artigianale. In questo

senso saranno compiute una serie di pescate sperimentali, per quel che riguarda i mari

italiani, nel Golfo di Patti e nell’Arcipelago Pontino. Queste pescate avranno come scopo

la valutazione sia del pescato che del bycatch bentonico. Infine saranno paragonate,

tramite osservazione diretta effettuata grazie a veicoli filoguidati (ROV), aree

particolarmente sfruttate con aree meno lavorate.

E’ importante ricordare che l’obiettivo finale del progetto è l’elaborazione di

raccomandazioni gestionali per le marinerie artigianali del Mediterraneo, in modo da

assicurare la compatibilità delle attività di pesca con un buono stato di conservazione degli

habitat marini. L’idea di fondo del progetto considera l’integrità ambientale come il bene

più prezioso degli operatori del settore e promuove anche la divulgazione di mappature ed

immagini ad alta risoluzione dei fondali pescati allo scopo di far conoscere le bellezze e le

criticità del territorio. E’ assolutamente necessario che i dati scientifici possano integrarsi

con le opinioni dei pescatori in modo da delineare linee guida nella scelta dei siti e degli

attrezzi per massimizzare le rese nel rispetto dell’ambiente e salvaguardando gli attrezzi

impiegati.

Giorgio Bavestrello e Marzia Bo

Foreste di corallo del Mediterraneo e pesca artigianale sostenibileultima modifica: 2014-06-20T06:07:30+02:00da ereticus3
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